Gregorio Bardini

Gregorio Bardini è nato ad Ostiglia (Mantova) nel 1966. Svolge un’intensa attività concertistica nel campo della musica classica, antica e popolare in Italia e all’estero come solista e in gruppi da camera. Ha conseguito il Diploma in Flauto traverso presso i Conservatori di Mantova e Parma e la Laurea in Filologia ugro-finnica presso l’Università di Bologna; ha seguito poi corsi di perfezionamento con Severino Gazzelloni, Silvano Bussotti, A. Mayr, G. Trovesi ed altri grandi nomi della scena internazionale. Oltre al flauto traverso moderno ed ai numerosi flauti- etnici, suona quello rinascimentale ed il traversiere barocco che sta perfezionando con il maestro Marcello Castellani presso il Conservatorio di Verona.
Insegnamento
Scuola di Musica comunale di Sermide (MN) – Corso di flauto traverso
Scuola media statale Borgoforte (MN) – Corso di flauto traverso
Scuola Statale d’Arte di Castelmassa (RO) – Storia e tecnica dello spettacolo
Scuola medie statali Trentino ‘96-‘99 – Educazione musicale
Istituto per l’Educazione musicale di Bolzano – Educazione musicale
Collabora inoltre con diverse riviste, scrivendo articoli per 1 Quaderni di Avalon, Viator, Quaderni di Kultur, Italia settimanale, ed ha partecipato ad un volume collettaneo con un saggio sulla cultura musicale lappone (L’Aquila,1999).
Gregorio Bardini è un flautista di eccellente caratura. Se la pietra di paragone è l’oro, questa caratura si può quantificare all’oro di massima purezza, 24 parti d’oro su 24 totali. Non si tratta soltanto di qualità “curriculari”: ha conseguito il Diploma di flauto traverso moderno presso i Conservatori di Mantova e Parma e una Laurea in Filologia ugro-finnica presso l’Università di Bologna; ha seguito corsi di perfezionamento con Severino Gazzelloni, Silvano Bussotti, A. Mayr, G. Trovesi e altri grandi nomi della scena internazionale; ha studiato numerosi e diversi flauti, da quelli etnici al flauto rinascimentale e al traversiere barocco; ha avuto una intensa attività concertistica nel campo della musica classica, antica e popolare in Italia e all’estero come solista e in gruppi da camera; ha insegnato; ha una discografia egregia. Ma si tratta ancor prima e prima di tutto del musicista al contempo ricercatore e intellettuale della musica a tutto tondo, che fa di Bardini un patrimonio eccellente per la cultura musicale italiana e non solo italiana. Bardini scrive e collabora con diverse riviste di musica (I Quaderni di Avalon, Viator, Quaderni di Kultur, Italia settimanale), ha partecipato a un volume collettaneo con un saggio sulla cultura musicale lappone, ha scritto libri (Musica e sciamanesimo in Eurasia, 1996 Barbarossa Ed., testi su Bach e una biografia di Komitas). Tra i suoi lavori editi su Cd segnalo (perché li conosco, e questo per giustificare ciò che non menzionerò) “Ballate lombarde” (Arx-collana Ballate Arcadiche, 2002, con Davide Bortolai e Giuseppe Santini), La casa del custode (su poesie scritte e recitate dal poeta mantovano Alberto Cappi), Komitas (ArxCollana, 2004, con Paolo Longo Vaschetto, che merita ulteriori approfondimenti). Last not least Bardini è un musicista che ha collaborato con le migliori avanguardie del “dopo-rock”, tra cui Tuxedo Moon (Tour e video “Ghost sonata”), Steve Piccolo dei Lounge Lizards e Tony Wakeford dei Death in June. Due parole su Komitas. Gregorio Bardini ha pubblicato un cd di 35 trascrizioni per flauto di brani vocali raccolti dal grande musicista armeno Soghomon Gevorki Soghomonyan – Komitas (nome col quale fu soprannominato quando venne fatto monaco) Vardapet (titolo che potrebbe corrispondere al nostro “don”) o, semplicemente, Komitas (credo si pronunci Gomidas Vartabed). Sacerdote, pedagogista, compositore e musicista armeno nato nel 1869, morto a Parigi nel 1935, Komitas fu anche un etnomusicologo. In gioventù visse a Berlino e a Parigi, dove fu apprezzato dai massimi compositori dell’epoca, tra cui Debussy. In seguito si trasferì a Costantinopoli. Il suo lavoro di ricerca sul campo della musica armena è stato paragonato a quello di Bartok verso la musica popolare ungherese. Egli girò in lungo e in largo l’Armenia trascrivendo circa 3000 canti popolari, molti dei quali adattò per coro polifonico. Fu arrestato nel 1915, agli inizi del genocidio armeno, e condotto in una città dell’Anatolia. Autorità politiche e culturali turche del suo tempo riuscirono a riportarlo indietro nel 1916, ma Komitas non era più lo stesso. Ricoverato in un ospedale di Istanbul, si vociferò di schizofrenia, di un manifestarsi di pazzia per le conseguenze di una malattia venerea o di insopportabile stress a causa del genocidio a cui aveva assistito (oggi è considerato uno degli uomini simbolo dell’Olocausto armeno che vide la deportazione e la eliminazione di centinaia di migliaia di armeni compiuta dal governo dei Giovani Turchi tra il 1915 e il 1916. Nel 1919 fu trasferito a Parigi dove, nel 1935, morì nella clinica psichiatrica Villejuif. Nel 1936 fu riportato a Yerevan e sepolto in un Pantheon a lui dedicato. Bardini ha compiuto un lavoro di grande rilevanza: non ha soltanto realizzato un cd con le musiche di Komitas, ma anche scritto un libro che, oltre alla vita del Grande, tratta anche lo studio intrapreso per decifrare il “Khaz”, ossia il sistema di notazione neumatica della musica armena.



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