Adriano Guarnieri è nato a Sustinente (Mantova) nel 1947. Ha compiuto gli studi musicali al Conservatorio di Bologna, diplomandosi con il massimo dei voti in Musica Corale, sotto la guida di Tito Gotti, e in Composizione, nella classe di Giacomo Manzoni.
Inizialmente ha affiancato all’attivite’ di compositore quella di direttore di ensemble, fondando nel 1975 a Firenze il Nuovo Ensemble Bruno Maderna con cui ha presentato numerose prime esecuzioni in Ungheria, alla Biennale di Venezia, a Milano (Musica nel nostro tempo), Firenze (Estate Fiesolana) ecc., per poi dedicarsi esclusivamente alla composizione.
I suoi primi lavori risentono dell’originaria matrice strutturalistica, come Alia per orchestra, Musica per un’azione immaginaria, L’art pour l’art, Nafshi. Sul finire degli anni 70, con Re’ it, Poesia in forma di rosa e soprattutto con la trilogia dei Pierrot, si cominciano a delineare i tratti di un pecorso assolutamente personale, col superamento dell’impianto strutturalistico e la ricerca di nuovi mezzi linguistico-espressivi. Di le’ a poco la critica coniere’ la fortunata espressione “cantabilite’ materica” per definire il complesso della cifra compositiva cose’ maturata. Nella stessa direzione va [inteso] l’aspetto grafico delle partiture, esuberanti di indicazioni dinamiche e agogiche che determinano nel contempo il suono e la forma.
Un altro dato significativo della produzione di Guarnieri e’ offerto da alcune presenze strumentali costanti. Al di le’ delle naturale affinite’ elettiva con la voce femminile ( compresa quella ” leggera ” o rock ), veicolo primario delle sue istanze poetiche, e’ con il flauto e il violino, attraverso le personalite’ interpretative rispettivamente di Annamaria Morini e di Enzo Porta, che si sintonizza in modo privilegiato la sua sensibilite’ timbrico-espressiva. A partire dal 1980 nascono cose’ numerose composizioni, eseguite in tutto il mondo: per il flauto Preludio alla notte, Passioni perse, …del mare infinito, Nel grave sogno; per il violino Arco e il recente Epifania dell’eterno. Flauto e violino sono presenti poi in vari organici cameristici: Il glicine, Cadenza, Dedica, i trii n.3 e 6. Per cie’ che riguarda il violino, particolare importanza riveste il Concerto II “Romanza alla notte n.2” per violino e orchestra, eseguito al Teatro Farnese di Parma nel giugno 1991 e subito dopo a Vienna, con Porta e la direzione di Arturo Tamayo, e ripreso di le’ a poco dal Teatro alla Scala con vivo successo. Negli stessi anni muove i primi passi un rapporto particolarmente profondo, tuttora… non concluso, con i testi poetici di Pasolini,scelti come base di una lunga serie di composizioni non solo vocali. Il momento culminante viene raggiunto con l’azione lirica Trionfo della notte, un’opera “non narrativa” andata in scena al Teatro Comunale di Bologna nel 1987 e insignita del Premio Abbiati della critica italiana quale miglior composizione dell’anno. Nel 1993 un altro riconoscimento gli viene attribuito dalla citte’ di Montepulciano, il cui Festival gli commissiona l’azione lirica Orfeo…cantando tolse, su testo del Poliziano. Nel 1995 inizia una lunga collaborazione con il poeta Giovanni Raboni, da cui nascono Quare tristis e Pensieri canuti e che si estende fino alla realizzazione del testo della Passione secondo Matteo.Alla sua memoria e’ stato dedicato il gie’ citato Nel grave sogno(2005). Queste tre partiture inaugurano una serie di lavori per grandi organici (soli, coro e orchestra) che punteggiano la produzione di Guarnieri dalla mete’ degli anni 90. Quare tristis inaugura la Biennale di Venezia del 1995 dedicata al sacro (“L’ora di le’ dal tempo”). Pensieri canuti viene presentato al Festival di Salisburgo del 1999 nel quadro del “Progetto Pollini”. Segue la Passione secondo Matteo, commissionatagli dalla Scala per il Giubileo del 2000, in cui il testo di Raboni si intreccia con Pasolini e con l’evangelista Matteo; eseguita nella chiesa di S.Marco, suscita reazioni di profonda partecipazione. Nelle vaste composizioni di questo periodo inizia a presentarsi un nuovo elemento compositivo, destinato ad assumere un peso sempre pie’ determinante nella produzione successiva: il live electronics. Inevitabile sbocco del percorso intrapreso da Guarnieri fin dalla svolta degli anni 80, imperniato sulla centralite’ del suono, l’uso di questo mezzo tecnologico e’ finalizzato in primo luogo a creare mobilite’ e spazialite’ del suono, e solo pie’ recentemente alle sue trasformazioni. Si assiste cose’ alla realizzazione di vere e proprie partiture elettroniche, con la collaborazione di Alvise Vidolin, regista del suono in tutte le produzioni pie’ rilevanti. Nel frattempo, alla prima versione di Medea, Opera-film dell’89/90,mai realizzata, fa seguito la stesura di una seconda versione, su commissione del teatro La Fenice di Venezia.Si tratta dell’opera-video Medea che, andata in scena nell’ottobre 2002 con la regia di Giorgio Barberio Corsetti e accolta con vero e proprio entusiasmo, gli e’ valso il secondo Premio Abbiati della sua carriera. Nel 2003 termina il rapporto editoriale con Casa Ricordi, editore unico di una lunga fase iniziata nel 1975 con Musica per un’azione immaginaria e che si chiude con Solo di donna, azione lirica in un atto per voce, flauto, arpa e live electronics, presentato l’8 marzo 2004 al Teatro Le Muse di Ancona. Nello stesso anno parte un nuovo rapporto editoriale con RAI Trade, che subito si concretizza in un altro lavoro di vaste dimensioni, La terra del tramonto, live-symphony n.1 per grande orchestra, soli strumentali in sala e live electronics. Tra gli altri lavori pubblicati da RAI Trade: Sospeso d’incanto n.2 per pianoforte e live electronics, In Badia fiesolana, Sull’onda notturna del mare infinito e recentemente Stagioni per flauto, violino e archi che, inciso per la Tactus, sta riscuotendo grandi consensi. Da poco ha terminato di scrivere l’opera Pietra di diaspro per sette soli, sette trombe, sette arpe su nastro, flauto, flauto iperbasso, coro, orchestra e live electronics, su testi dell’Apocalisse e di Paul Celan. la prima esecuzione e’ stata al Teatro dell’Opera di Roma nel 2007, per poi essere ripresentata in forma di concerto al Ravenna Festival nello stesso anno. In molte occasioni Guarnieri ha parlato della “cantabilita’ materica” che caraterizza la sua ricerca: una cantabilita’ che esclude recuperi melodici o tematici di tipo tradizionale perche’ nasce sempre “dentro la galassia del suono”, dall’interno della materia sonora. Il suono, non l’intervallo, e’ determinante per la musica di Guarnieri, che prende vita da contrapposizioni di linee e spessori su agglomerati armonici fissi, da aloni dissolvenze, echi, riverberi, rifrazioni. La scrittura di Guarnieri giunge in modo personalissimo alla definizione di situazioni sonore visionarie, iridescenti, di cangiante inquietudine, o violente e incandescenti, sempre cariche di intensa forza evocativa: alla centralita’ dell’invenzione del suono, all’imediatezza del rapporto con la materia sonora si riconducono anche l’interna tensione che sostiene le sue opere mature, e la costruzione formale, che non segue percorsi precostituiti, ma strettamente legati alla natura delle situazioni sonore, alla logica del trapassare dall’una all’altra. Con crescente evidenza sopratutto a partire dal 1989-90 si inoltre definita in Guarnieri una mossa spazialita’ interna alla pagina, dove la nervosa mobilita’ dei rapporti contrappuntistici, degli echi e delle rifrazioni, delle linee, delle scie o degli aloni sonori fa muovore il suono nello spazio, lo proietta in una sorta di circolarita’ spaziale, che e’ gia’ implicata nella natura stessa dei rapporti fra le parti di una visionaria scrittura polifonica, e che l’elettronica dal vivo puo’ sottolineare o contribuire a definire in modo determinante, come e’ accaduto sempre piu’ spesso dopo il 1994, in modo particolare nella “trilogia” formata dalla cantante Quare tristis (1995), Pensieri canuti (1999) e Passione secondo Matteo (2000), e poi nella Medea rappresentata a Venezia nella stagione nella Fenice nell’ottobre 2002: il live electronics diventa determinante per trasformare il suono, muoverlo nello spazio e creare riverberazioni, per aprire a nuove dimensioni le galassie, i vortici, i grumi, gli spessori di materia sonora cari al compositore. Nella visionaria invenzione del suono si addensano polifonie fatte per lo piu’ non di linee, ma di strati, di spessori, di blocchi sonori, con una lancinante tensione al canto. La complessita’ della scrittura si risolve sempre in intensa evidenza espressiva. riconoscono ad esempio questi caratteri nel pezzo di piu’ ampio respiro finora composto dopo Medea, nel lavoro commissionato dall’Orchestra Nazionale della RAI La terra del tramonto (2002-3), la prima opera di Guarnieri per grande orchestra. Il live electronics vi svolge un ruolo fondamentale (ecco perche’ l’autore la chiama “Live-Symphony”): una parte notevole dell’orchestra e’ sottoposta a trasformazione quasi per l’intero pezzo, con l’eccezione degli archi e delle oboe, e grazie all’elettronica si creano i movimenti del suono nello spazio, le traiettorie che lo trasformano solcandolo in direzioni diverse. Anche si definisce una nozione di tempo nuova e sospesa (ma non statica). Lo scrivere per orchestra sembra stimolare la fantasia di Guarnieri a scatenarsi nella creazione di una arroventata densita’, di incandescenti galassie di suono, di stratificazioni complesse in cui si possono sovraporre caratteri diversi. Dal principio alla fine del pezzo gli ottoni (che le trasformazioni elettroniche piegano a sonorita’ assai varie, ora metalliche, stridenti o sottili, ora urla e clangori, ora a diverse mutazioni timbriche) suonano sempre, con funzioni pero’ diverse. Si alternano le sezioni dove hanno un ruolo di vero e proprio “concertino” e quelle dove interviene l’intera orchestra: qui il loro ruolo e’ variabile, e si limita talvolta alla creazione di fasce di suoni tenuti. Anche altri gruppi strumentali assumono a tratti questo ruolo di immobili pedali, secondo uno dei caratteri tipici della scrittura della maturita’ di Guarnieri. Un ruolo in certo senso opposto al “concertino” degli ottoni svolgono gli archi. La loro sonorita’ non e’ trasformata, ma soltanto amplificata, perche’ la si possa percepire anche quando il loro peso fonico e’ limitato, tanto piu’ che spesso sono usati in modo cameristico, con numerosi interventi solostoco, oppure limitati ad un gruppo (per esempio i violoncelli divisi): alla loro voce e’ affidata una sorta di fascia lirica, con linee e figure di canto che si differenziano nettamente dal materismo degli ottoni. Talvolta anche gli oboi convergono in questa dimensione lirica “lineare”, mentre i flauti sono fra i legni gli strumenti sottoposti a piu’ frequente trasformazione elettronica, assai spesso in modo da evocare le onde Martenot, e la loro voce si inserisce nei vortici e nelle trasformazioni della galassia sonora. Gli strumenti a percussione intervengono negli episodi del “tutti”, dell’intera orchestra, e quando sono presenti costituiscono l’epicentro dei vortici di materia sonora. Si crea dunque un’alternanza tra le sezioni (che Guarnieri chiama “sequenze”) dominate dal “concertino” degli ottoni e quelle dell’intera orchestra con le percussioni epicentro del vortice. Da questo impianto formale di immediata chiarezza l’ascoltatore e’ aiutato a seguire la successione di visionarie invenzioni sonore, lo scatenarsi di vortici di suono, di situazioni stratificate, di blocchi dalla densita’ e dagli spessori mutevoli. Una concezione formale del tutto diversa caraterizza la “Sinfonia breve” che porta anch’essa il titolo La terra del tramonto, perche’ nasce nel 2004 dalla riflessione sulla ricchezza dei materiali della “Live-Symphonie” e dal loro radicale ripensamento: la commissione del Teatro Comunale di Bologna comportava la rinuncia al live electronics e all’organico della grande orchestra, perche’ il pezzo era destinato ad essere presentato all’interno del ciclo dedicato alle sinfonie di Beethoven. A questa circostanza si collega la scelta obbligata di un’orchestra dall’organico beethoveniano e l’omaggio con la citazione di un tema dell’Adagio della Sinfonia Pastorale. Il ripensamento comporta un certo alleggerimento delle linee e una accentuazione delle componenti piu’ liriche della “Live-Symphony”. Il titolo La terra del tramonto non ha significati descrittivi o evocativi; ma rende omaggio a Ernesto Balducci (1922-1992), citando il titolo di uno dei suoi ultimi libri di argomento antropologico, pubblicato nel 1992. A Ernesto Balducci e’ dedicato In Badia fiesolana 1980, un pezzo del 2002 composto in due versioni, per 8 strumenti e per orchestra da camera: il titolo e la data si riferiscono al luogo e all’anno dell’incontro del compositore con il teologo. Un’altro aspetto della spiritualita’ di Guarnieri si riconosce nel Salmo n. 50, il Miserere, musicato nella traduzione italiana (“Pieta’ di me o Dio”) per voci bianche e orchestra (2002-2003). La parte vocale riprende la melodia gregoriana, per lo piu’ (ma non sempre) attribuendole valori di durata precisi. A tratti viene aggiunta una seconda voce; inoltre nelle ultime pagine, e in altri momenti, le voci assumono il ruolo di un pedale, con note a lungo tenute. La scrittura orchestrale appartiene pienamente alla fase matura della ricerca del compositore, e la peculiarita’ del pezzo si riconosce proprio nell’incontro tra elementi musicali radicalmente diversi come una melodia gregoriana e l’orchestra di Guarnieri: un incontro dagli esiti intensamente poetici. Un altro esplicito incontro con un momento della tradizione musicale piu’ celebre si ha in Stagioni. Una circostanza occasionale, la richiesta della veneziana Accademia di San Rocco, aveva inizialmente spinto Adriano Guarnieri nel 2002 a confrontarsi con la “Primavera”, che e’ poi divenuta per il punto di partenza per Stagioni, commissionato dell’Ensemble Respighi diretto da Federico Ferri, che lo ha presentato in prima esecuzione a Bologna il 27 Novembre 2003 con solisti Annamaria Morini e Marco Rogliano. Stagioni si presenta come un percorso in cui il rapporto con Vivaldi si viene gradualmente trasformando nella direzione di una crescente autonomia. Nella prima parte, “Primavera” vengono ripresi integralmente i primi due tempi del concerto di Vivaldi che porta lo stesso titolo e che e’ perfettamente riconoscibile; ma in cui la parte del flauto, aggiunta da Guarnieri, contrappunta liberamente le linee vivaldiane. Vi sono anche altri interventi; ma il flauto (con l’alternanza del flauto in do, del flauto in sol, del flauto basso e dell’ottavino) e’ una presenza costante e decisiva in tutte le sezioni di Stagioni, quasi una sigla di Guarnieri. I tre tempi dell’ “Estate” vanno eseguiti senza cesure, con tagli e interventi che pur nella chiara riconoscibilita’ dell’insieme portano l’ascoltatore in una dimensione piu’ vicina alla musica di Guarnieri. Cosi’ l’ “Estate” costituisce la transizione verso la terza sezione, “Dura stagion, dal sole accesa…”. Subito una cadenza del flauto in do rivela che qui si ascolta musica di Guarnieri: il ricordo di Vivaldi affiora soltanto da lontano, in un contesto nuovo. Sebbene il titolo provenga dal sonetto dell’ “Estate”, le reminiscenze vivaldiane di questa pagina vanno cercate nel terzo tempo della “Primavera” (a partire dalla dodicesima battuta), frammentariamente e quasi sempre nella parte del violino solista. Dopo l’ultima citazione, ci allontaniamo da Vivaldi e ascoltiamo una musica in cui si riconosce il peso decisivo che ha nella poetica di Guarnieri l’invenzione del suono. La riflessione sui materiali vivaldiani conduce il compositore a creare situazioni sonore piu’ statiche, aree, che sembrano tendere a sospendere il tempo e a smaterializzare il suono in una sorta di levitazione. Quando questa e’ giunta al culmine si delinea un progressivo rallentamento e un gesto di congedo ci riporta a Vivaldi, con la citazione delle ultime battute dell’ “Inverno”, alle quali si sovrappone trasformandole la parte guarnierana dell’ottavino. Un posto di rilievo tra le opere piu’ recenti di Guarnieri hanno alcuni pezzi solistici. E naturale ritrovare il prediletto flauto, in un pezzo, Sull’onda notturna del mare infinito per flauto contrabbasso e live electronics, che nel titolo (e in una certa misura anche nei materiali) si collega alla fondamentale esperienza di Medea. Al violino solo, protagonista dei significativi episodi in diverse partiture di Guarnieri, fi ndai tempi di Trionfo della notte (1978), sono dedicati due pezzi degli ultimi anni. Epifania dell’eterno (2002) nrel titolo riprende un’immagine di Alda Merini a suggerire una “dilatazione del tempo cosmico” (Guarnieri). La cadenza I fili luccicano (2005), citando nel titolo parole di Paul Celan si collega idealmente al rilievo che i versi di questo poema assumono nel nuovo lavoro teatrale, Pietra di diaspro, che andra’ in scena a Roma e Ravenna nel 2007. La chitarra, che aveva evocato la lira di Orfeo in Orfeo cantando… tolse … (Montepulciano 1994) e’ la protagonista del melologo La citta’ capovolta, su testi di Serenella Accorsi affidato ad una voce recitante (2003): anche qui Guarnieri riscopre nello strumento (amplificato) intense potenzialita’ liriche ed evocative, e, a tratti, una aggressiva asprezza. Infine il pianoforte, lo strumento che un rapporto privilegiato con la voce in diverse pagine di Medea, e che ha un ruolo concertante insieme alla chitarra e al basso elettrico nella violenza espressiva di Grido ai miei occhi Sarajevo (2002). Le due pagine piu’ recenti portano entrambe il titolo Sospeso d’incanto: il n. 1 (2002) impiega il live electronics, il n. 2 (2003) e’ nato da una commissione di Luciano Berio, cui e’ dedicato. La suggestione del titolo definisce bene il carattere di entrambi, il poetico indugiare su sonorita’ visionarie, il dilatarsi in una dimensione davvero “sospesa”. (Paolo Petazzi)